I primi cinque anni di vita sacerdotale; lettera di don Lodovico De Bernardi
Salussola 03/10/2007 – I primi cinque anni di vita sacerdotale; lettera di don Lodovico De Bernardi. Carissimi amici, con questa lettera, meditata e scritta nei suoi contenuti presso il monastero di Pra d’ Mill, desidero condividere con voi il cammino, che ad ottobre compie cinque anni, del ministero sacerdotale. Appena ho realizzato l’idea di questa lettera mi sono apparse alla mente e al cuore le parole del salmo 4 che tante volte ho pregato, ma che solo ora mi hanno colpito, come quando un raggio di sole illumina una pietra preziosa, da tempo lasciata nell’ombra. Chi ha scritto il salmo tanti secoli fa voleva ringraziare il Signore e contemplarlo, rinnovando in Lui la fiducia: è quello che mi sento di fare anche io. Dopo cinque anni che sono e faccio il prete rivolgo al Signore un grande grazie unito ad un senso di fiducia perché ho sempre visto che solo pregando Lui e vivendo in Lui si possono realizzare tante cose: è quello che succede nella Santa Messa. Con un pezzo di pane e un po’ di vino il Signore si rende presente, trasforma la realtà e ciascuno di noi. Ed è proprio l’Eucaristia il dono più bello che ogni giorno ho tenuto stretto a me. Nei giorni precedenti all’ordinazione sacerdotale, ricordo benissimo di essere incappato nella lettura del breviario nel quale si racconta dei martiri – uno di questi si chiamava Lodovico il quale, pur andando incontro al martirio, sprizzava gioia da tutte le parti. Quando in seminario hanno organizzato la cena per noi novelli sacerdoti, ricordo di aver detto di prendere come ascesi proprio quella di essere sempre sorridente! Credo di averlo vissuto fino adesso – anche se a volte questa gioia ostentata appare banale e superficiale… Veramente il Signore ha “messo nel mio cuore più gioia di quando abbondano vino e frumento!”. Ma cos’è questa gioia e cos’è questo vino e frumento di cui parla il salmo? Credo che il vino e il frumento possano significare una gioia data dall’ubriacatura (il vino) o una gioia data dalla ricchezza materiale (frumento), dalla gioia di chi crede che possedendo beni materiali e riserve di cibo sia a posto per il resto dei suoi anni ( Lc 12, 16). Nell’esistenza di un prete, molto modesta come la mia, non mancano di queste tentazioni. Ma c’è una gioia che il Signore mi ha riservato nel cuore e di cui devo ringraziarLo, che non è frutto di beni materiali: innanzitutto sono i segni che mi pone quando sono in difficoltà, cioè persone che sanno stare accanto con amicizia sincera, che sanno dirmi il loro pensiero con amore e per il bene. Ci sono tanti volti, di confratelli, ma ancor più di uomini e donne che sanno condividere con il sacerdote un cammino sincero. Tra queste persone la mia bella famiglia, sacerdoti e amici. Mio papà mi ha sempre detto che avrei dovuto ringraziare se fossi stato nominato parroco di una parrocchietta di alta montagna perché avrei imparato ad ascoltare le pietre, mentre mia sorella suora, quando le confido qualche problema mi risponde: “ ma di cosa ti lamenti, hai la possibilità di celebrare la Messa!”. Devo ringraziare il Signore per i confratelli: la Provvidenza mi ha fatto, in poche settimane, cambiare completamente orizzonte! Ero vice-parroco di un confratello con 78 anni e mi sono ritrovato parroco con un vice parroco della stessa età: padre Bretti! Che persona ammirevole: per il lavoro che svolge, ma anche per l’amore che mette nelle cose, per i consigli, per la disponibilità. Don Gianni Ambrosio: i suoi consigli e il suo insistere perché intraprendessi la scuola di Licenza di Teologia morale. Don Mario: molto umile… nei due anni di servizio a Pollone da seminarista mi ha fatto sempre trovare la domenica mattina la colazione preparata da lui, prima che andasse a celebrare alla casa di riposo! E insieme a loro tanti altri preti: alcuni mi proteggono già dal cielo. Ho incontrato preti di una ricchezza spirituale formidabile, di una tenacia immutabile e di una sapienza profetica… L’ultimo, don Cesare (Massa), alla mia domanda (cosa consiglia ad un giovane prete?) mi ha insegnato: “ devi coltivare l’ammirazione che suscita meraviglia e riconoscenza verso Colui che tutto ha creato e sussiste: Dio. E poi ti raccomando la misericordia: il prete non è chiamato a giudicare e condannare la realtà, ciò non la modifica, ma al perdono, questo sì, cambia la realtà, la migliora”. Così, provo ammirazione per tutto quello che il Signore mi ha dato. Un secondo motivo con cui il Signore riempie di gioia il mio cuore è vedere che nelle comunità che servo con tanta passione, c’è un fiume di bene silenzioso confronto a poco male che fa tanto baccano. Questa riflessione la portai a don Divo Barsotti il quale mi rassicurò che restando in questa prospettiva sarei anche rimasto alla presenza di Dio. Infatti da parroco, ho scoperto in questi anni, posso ammirare quanto bene ci sia nelle famiglie, tra le persone, quanta comprensione, quanto amore e quanta disponibilità sincera, fedeltà e perdono. Terzo motivo di lode: è che il Signore provvidenzialmente mi abbia mandato parroco a Salussola storico centro di propulsione della fede in tutto il biellese, terra di conquiste e di antiche guerre, terra di passaggio per i pellegrini e i commercianti che si dirigevano a Roma o ad Aosta e poi per la Francia. Nella chiesa di Salussola e nelle terre vicine di San Secondo, Vigellio, Arro, San Damiano e Carisio si respira tutta l’aria delle radici cristiane, di Santi (Secondo e Pietro diacono). Non so quanti preti possono entrare in san Pietro in Vaticano e vedere che nella pala dell’altare dedicato a san Gregorio Magno sia anche raffigurato il santo di cui si conservano le reliquie in parrocchia: il diacono Pietro. Salussola: un luogo incantevole, tenuto bene anche dai miei predecessori con tanta frutta e fiori, specialmente le rose, di quelle con le quali si può fare lo sciroppo, che a casa mia mamma ci dava a merenda quando eravamo bambini: ho imparato a farlo e quella fragranza riempie ancora oggi il cuore con i parrocchiani che vengono a trovarmi. Un campanile da cui si domina tutto il biellese!. Ricordo il commento di un confratello quando lasciavo il triverese: “ tu vai dove c’è il braccio di Dio che avvolge il biellese (la Serra) – mi disse – e proprio dove c’è il dito che indica il Cielo (il campanile)”. Immagini semplici che parlano a chi sa apprezzare la poesia. E poi un posto strategico: vicino a Santhià (in poche ore raggiungo Roma e Parigi!), vicino a casa, vicino all’autostrada, di passaggio per molti amici che lasciano o raggiungono il biellese! Che bello vivere a Salussola. Ringrazio Dio e tutti voi, amici. Signore, “hai messo più gioia nel mio cuore di quando abbondano vino e frumento”!
don Lodovico