Il Museo d’Antichità di Salussola
Il Museo d’Antichità di Salussola. A Salussola nel 1928 s’era creato un movimento di opinione intorno all’ idea d’istituire un museo, che dalla cronaca di allora fu chiamato ” Museo d’ Antichità “. Fu trovato persino uno sponsor come diremo ora, anfitrione era Don Bonardi, uno dei preti della parrocchia, che la reggeva con il parroco, il prevosto Don Severino Mosca. Don Bonardi, che a quanto risulta dai suoi numerosi scritti, conservati presso l’archivio parrocchiale da me consultato, doveva essere oltre che persona energica, anche un appassionato di archeologia e di arte ( pensate che mirava a portare all’ origine l’interno della chiesa dell’Assunta ). La cosa però non dovette durare a lungo, perché fu osteggiata, crediamo da autorità nel campo dei beni artistici di Biella o Vercelli; la cronaca riporta persino di intimazioni, ma è avara e non dice se al prete, al podestà o al responsabile politico di allora. Che cosa era successo a Salussola per voler istituire un Museo?. A fine ‘800 e agli inizi del ‘900, nella vallata di San Secondo e nella stessa Salussola, sia con campagne di scavi che con casuali ritrovamenti, emersero dal terreno stele, lapidi, are, mura e altro ancora risalenti all’ epoca romana e alla città di Vittimulo. Nessun reperto rimase a Salussola, e tutti andarono presso i musei di Vercelli, Biella e Torino. Il nostro prete ne scoperse casualmente due, uno nel cortile di Casa Cornale a Salussola e l’altro collocato su una strada di Arro, ma voleva che rimanessero a Salussola. Considerato che il sottosuolo era ancora pieno di reperti da riportare alla luce, i contadini furono allora spronati a non occultarli ma di avvisarne le autorità locali; l’occasione sembrò propizia per un Museo Salussolese. Che cosa aveva scoperto il nostro prete che dovette avvisarne le autorità competenti ?. Presso Casa Cornale, che ancora oggi é nel borgo antico, fu notata dal prete un’ara dura e grigiastra, l’ara era già lì reduce di qualche scavo, ma nessuno se n’era mai interessato, di epoca romana alta metri 0,72, larga metri 0,60 e spessa metri. 0,32, delle quattro facce, due sono quasi lisce, e le altre due in rilievo. In una di queste si vede nettamente scolpito un cacciatore che impugna l’arco per la caccia; e nell’altra il medesimo che brucia la preda sopra il fuoco acceso su di un piedistallo. Invece ad Arro, la scoperta fu di un paracarro, situato nel centro abitato presso la casa di F. Spina. Di pietra color verdastro scuro alto metri 0,77, largo alla base metri 0,50 e spesso metri 0,37, con un’iscrizione : « ATICIA PF SECUNDA » in parte cancellata dalle ingiurie dei secoli, degli uomini e dei carri. Del museo non se ne fece nulla, perché i due reperti sono presso il Museo del Territorio di Biella.
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