L’ordinanza emessa dal sindaco scadde, ma i nomadi non se ne andarono dall’accampamento della Mandria
I nomadi erano alla ricerca di una soluzione alternativa, forse una cascina nel Biellese
Salussola 18 marzo 2012 – L’ordinanza emessa dal sindaco scadde, ma i nomadi non se ne andarono dall’accampamento della Mandria. Continua la telenovela dei nomadi accampati 30 anni fa in regione Mandria,
non lontano da un pozzo che alimentava l’acquedotto del paese. La cronaca di seguito è del 10 marzo 1982 del giornale La Stampa di Torino. [redazione/salussola]
“ L’ordinanza è scaduta ma i nomadi rimangono. Il capo ha chiesto al sindaco ancora qualche giorno perchè sta trattando l’acquisto di una cascina in un’altra zona del Biellese – La carovana sarà comunque costretta a lasciare Salussola» «Cerchiamo un posto dove poter vivere» — L’ordinanza di sgombero per i nomadi accampati a Salussola, scaduta alla mezzanotte di lunedì, non ha avuto esito, ma il sindaco, Walter Gauna, sta tentando una mediazione per risolvere nel modo più umanitario possibile la complessa vicenda. In queste ore il capo degli zingari, cerca di concludere l’acquisto di un altro immobile (pare una cascina), in un altro comune del Biellese e ha chiesto al sindaco ancora qualche giorno di tempo. La vicenda si è iniziata la sera del 22 gennaio scorso, quando una numerosa carovana di zingari di origine slava è arrivata a Salussola decisa a mettere radici. Il capo aveva concluso l’acquisto di un terreno di circa quattromila metri quadrati in regione Mandria. Senza dare troppo peso al fatto che nel contratto di vendita era scritto che il terreno era sottoposto a vincolo idrogeologico, i nomadi hanno sistemato le loro «roulottes», circa una trentina, e hanno iniziato tutti quel piccoli lavori indispensabili a rendere migliore il loro soggiorno. Cosi hanno inghiaiato il terreno, aperto una breve strada, costruito rudimentali servizi igienici, perfezionato l’allacciamento elettrico, costruito un piccolo orto. Nel breve volgere di pochi giorni il sindaco Gauna si è dunque trovato sulle spalle un grave problema da risolvere. A poche centinaia di metri dall’accampamento c’è i1 pozzo principale che fornisce acqua al paese e, per evitare l’inquinamento della falda, nella zona sono vietati gli insediamenti entro la fascia di protezione. Il piano regolatore, in fase di attuazione, definisce la zona per uso agricolo e quindi con indici di fabbricabilità talmente bassi che al massimo potrebbe essere consentito l’insediamento di tre o quattro famiglie. Nessuna questione razziale, quindi, ma solo l’osservanza di leggi precise ha costretto il sindaco e la giunta a prendere la grave decisione. Accompagnati dal sindaco, i delegati regionali hanno visitato l’accampamento, abitato in maggioranza da donne e bambini. Il capo non c’era, ma hanno parlato con i membri della sua numerosa famiglia. Uno del figli ha detto: « Comprendiamo le ragioni del Comune, ma anche noi abbiamo molti problemi. Ad esempio, nella carovana ci sono tanti bambini che avrebbero bisogno di andare a scuola. I giovani invece vorrebbero lavorare. Per fare tutto questo abbiamo bisogno di una zona dove abitare stabilmente “. Maurizio Alfisi (10.03.1982) LaStampa – numero 52