La cella benedettina di Puliaco portò l’agricoltura sul territorio
La cella benedettina di Puliaco portò l’agricoltura sul territorio. La cella benedettina, attorno alla quale si sono incrementati gli insediamenti di Puliaco, nelle carte d’ estimo delle chiese Vercellesi del 1348, viene collocata alle dipendenze dell’abbazia benedettina di San Genuario (oggi frazione di Crescentino). Oltre a questa cella, si fa riferimento anche ad un’altra, questa alle dipendenze dall’abbazia benedettina di Santo Stefano di Vercelli. Su una serie di pareti affrescate, all’interno di una lunga galleria che si trova nei Musei Vaticani, sono geograficamente riportate le dipendenze benedettine di allora, e tra queste c’è anche Puliacum. Le celle benedettine erano staccate dal monastero e si svilupparono intorno ad un insediamento già esistente o ad una fattoria. ” Ora et labora ” era la regola del monachesimo benedettino. Lo scopo principale era quello di disboscare, dissodare e coltivare i terreni ed allevare gli animali. E per lavorare la terra servì la manodopera dell’uomo, che poco alla volta si stanziò nei dintorni della cella. Intorno alla cella, si ampliò il villaggio di Puliaco, già abitato dall’età del bronzo, con la costruzione della nuova chiesa nelle forme della pieve di San Pellegrino e successivamente, quando il villaggio assunse una certa importanza, anche con un castrum. Intorno a una seconda cella, questa dipendente dal monastero di Santo Stefano di Vercellli, potrebbe essere sorto un agglomerato di case intorno alla chiesa di San Lorenzo, un santo diacono e martire come Santo Stefano.
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