Sapete perché si chiama Via Mulino del Maglio?
Sapete perché si chiama Via Mulino del Maglio?. La Via Mulino del Maglio è la via comunale che conduce alla strada provinciale per la regione Brianco, e che per metà del suo tragitto costeggia la roggia Molinaria o Molinara. La roggia Molinaria era alimentata dalle sorgive di regione Rifreddo e dalle acque del torrente Elvo fino ai movimenti alluvionali del 1968, e per quanto documentato, lungo il corso della roggia, che ne prese l’appellativo, sorsero fino a quattro mulini. Mulini che sotto l’impulso della forza idraulica diventarono piste da riso, piste da grano e granaglie, segherie, e l’ultimo che si occupava di grano e granaglie, era detto Mulino Nuovo, solo perché era l’ultimo sorto in ordine di tempo. Uno dei mulini che sorsero lungo il percorso della roggia Molinaria, fu anche il ” Mulino del Maglio “. Il maglio era una macchina che con la forza idraulica, l’acqua della roggia, metteva in movimento una mazza, detta anche maglio, che per semplice caduta esercitava un urto su un materiale, e il materiale che veniva schiacciato era lo zolfo. Lo zolfo, in quegli anni, era prevalentemente impiegato come anticrittogamico nella coltivazione della vite, molto fiorente sulle colline Salussolesi. Non solo veniva usato come anticrittogamico, ma anche come disinfettante dei vasi di conservazione del vino. ” Alla luna di dicembre il primo travaso, a marzo il secondo, da una botte ad un’altra, più piccola, per togliere il sedimento naturale depositato sul fondo. Le botti che venivano subito riutilizzate potevano essere pulite e semplicemente lavate, se invece non servivano più, oltre al lavoro di pulizia e di lavaggio, dovevano essere raschiate e preparate per conservarne la bontà, il gusto e l’aroma per la successiva annata. A questo fine venivano riempite con fumi di zolfo richiudendole ermeticamente, ripetendo questo trattamento ogni due tre mesi. Questa operazione era effettuata molto alla buona, bruciando lo zolfo in tegami di terracotta, ma se si voleva lavorare con più cura e attenzione si usavano i candelotti di zolfo dentro i bruciamiccie o l’apposito ” sulferet ” o fornello brucia zolfo da montare nel cocchiume “.
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