Pietro Bolgaro: il culto di un santo che diventò beato
Pietro Bolgaro: il culto di un santo che diventò beato. Nel suo libro, intitolato Ordini e Congregazioni Religiose (volume I), Don Lebole scrive che il Santo Pietro Levita venne declassato a Beato nel 1866, con il riconoscimento del culto. I Salussolesi lo dicono loro concittadino, in qualità di discendente della famiglia Bulgaro, pur non essendo certo che Pietro fosse membro della famiglia suddetta e, con tutta probabilità, nemmeno originario di Salussola. Alla sua morte, avvenuta verso il 605, Pietro venne sepolto nella basilica di San Pietro, ma rimane un mistero il trasporto della salma da Roma a Vittimulo in una chiesa appositamente costruita. Un autore di fatti religiosi attesta, non si sa con quale certezza, scrisse che, dopo molti anni dalla sua morte, il corpo del Santo venne trafugato e portato a Vittimulo ( a Roma si credeva di onorarne ancora le reliquie ) ma la distruzione di Vittimulo nei secoli VIII – IX, pare abbia coinvolto pure il corpo di Pietro che andò disperso sotto la macerie. Soltanto in seguito all’avventuroso e leggendario ritrovamento delle reliquie, la devozione popolare fece erigere una chiesa ( nell’attuale cascina San Pietro ) consacrata dal vescovo Ingone di Vercelli nel 970. Per la credenza taumaturgica attribuita al Santo, le donazioni degli abitanti del borgo furono tanto generose da permettere il mantenimento di un collegio di sacerdoti diocesani, poi sostituiti da religiosi, e quindi l’elevazione della chiesa a priorato, il quale divenne quasi un santuario meta di pellegrinaggi anche dai paesi confinanti con Salussola. Si hanno notizie che accertano che il priorato era già elencato tra i beni del monastero di San Genuario, in una bolla del Papa Eugenio III del 1°maggio 1151. Pure un altro documento datato 13 aprile 1217 attesta la presenza in Salussola del priorato benedettino; con tale documento il vescovo di Vercelli confermava una permuta fatta da fra Giacomo, priore di San Pietro Levita ed i preti Giovanni e Rotulfo, rettori della chiesa. Nel 1226 era il prete Vercellino, nel 1236 certo Guglielmo Campagnola e nel 1238 il monaco Stefano di San Genuario. Nel 1307 venne nominato priore Facio de Carrazio al quale successe Leone di Massazza e, dopo la sua morte, Pietro de Lommia. Nel secolo XVI il sacerdote Nicolò Tarsi, canonico di Capodistria, non si sa come, si riservò i redditi dei priorati per tutta la vita, salvo cederli poi al convento dei monaci Gerolamini, da lui fondato nella casa parrocchiale di Chiavazza, monaci che reggevano il priorato di Salussola. Notizia curiosa è la seguente; nel 1601, in seguito a una ispezione vescovile, si apprende che la chiesa dedicata al Santo Pietro Levita, era ancora sprovvista di volta e pavimento, aveva i muri grezzi ed era priva anche di un altare, pur esistendo l’obbligo di dire una Messa alla settimana. Ma padre Bonifacio dei Girolamini era solito, quasi ogni giorno, celebrare Messa alla presenza di molti abitanti di Salussola.
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