San Pietro Levita tra storia e leggenda
San Pietro Levita tra storia e leggenda. Uno dei primi atti di Gregorio Magno quando salì al Pontificato, fu quello di nominare Pietro suo primo Vicario in Sicilia. Nelle lettere che il Pontefice Gregorio inviava a personalità di quella regione, si parlava di Pietro in termini lusinghieri. Pietro rimase in Sicilia un anno; nel 592 il Papa Gregorio lo richiamò a Roma. Non fu molto lungo il suo soggiorno a Roma, perché poco dopo dovette partire per la Campania con l’incarico di rappresentante del Pontefice e Rettore del patrimonio che qui possedeva la Santa Sede. Nel 593 fu richiamato a Roma e qui rimase per sempre quale segretario privato del Papa Gregorio. Un giorno, incuriosito scostò la tenda e rimase stupefatto, attorniato di luce, il Pontefice appariva assorto ad ascoltare il suggerimento di una candida colomba, simbolo dello Spirito Santo. Pietro assistette, inosservato, più di una volta a tale visione. Il Papa, accortosi dell’indiscrezione del suo segretario, lo riprese e si fece promettere di non dire al alcuno ciò che egli aveva visto. Gregorio Magno, in seguito ammalatosi gravemente, sciolse, prima di morire, dalla promessa il Levita, profetizzandogli che un giorno sarebbe stato necessario che egli rendesse testimonianza di ciò che aveva visto e che, a maggior certezza di questa testimonianza, dovesse essere colpito, dopo averla resa, da morte istantanea. Il Pontefice Gregorio Magno morì il 12 marzo del 604. Il Suo successore fu il Papa Sabiniano da Volterra. Roma era afflitta da grandi carestie, la popolazione era esasperata, invocava dal Pontefice la salvezza suggerendogli, su l’esempio di Gregorio Magno, di aprire l’erario pubblico e i granai della Chiesa e distribuire i presunti tesori ai poveri. Il Papa Sabiniano credette di non poter acconsentire e dichiarò che egli non intendeva acquistare il favore del popolo con impossibili elemosine, come già aveva fatto il suo antecessore, impoverendo così il patrimonio della Santa Sede. Queste parole, passando di bocca in bocca, si deformarono nel significato, il popolo si mise ad inveire contro il Pontefice scomparso nella stessa misura con la quale prima l’aveva esaltato. Tale era il furore che si giunse all’assurda proposta di bruciare pubblicamente tutte le sue opere, così che anche la memoria di lui andasse dispersa. Il Levita Pietro, angosciato, non disdegnò di scendere in piazza a parlare con gli inferociti Quiriti. Disse loro che effettuando tale minaccia, avrebbero commesso un grave sacrilegio, perché non solo avrebbero distrutto opere che racchiudevano tesori di sapienza, ma che tale sapienza era stata trafusa in Gregorio Magno dal diretto intervento dello Spirito Santo. Narrò a loro, che ascoltavano stupefatti e già alquanto placati, la mirabile visione e la profezia di San Gregorio. Quindi concluse: “ Il giorno 30 di questo mese (era l’aprile del 605) io salirò il pulpito della Basilica di San Pietro e, la mano sui Vangeli, giurerò pubblicamente e solennemente della verità di questa mia visione; se Iddio Signore in quel momento mi separerà l’anima dal corpo, sarà, questo, testimonianza della verità delle mie parole; quando, al contrario, mi vedeste, ciò che non sarà, restare in vita, voi gettate pure alle fiamme le opere del mio maestro ed amico e considerate me quale impostore ” . Il popolo si disperse commentando. Il giorno 30 aprile una gran folla si era radunata nella Basilica e l’ora stabilita giunse il Levita Pietro. Nella pienezza della sua salute, sereno in volto, con quel suo passo spedito che rivelava in lui l’uomo d’azione oltre che di pensiero, salì rapidamente la scala e dal pulpito emerse con il suo gentile aspetto dolce e fiero ad un tempo. La folla attendeva oscillante fra l’incredulità ed il turbamento. Tutti gli animi erano sospesi; Pietro apre i Vangeli e posatavi la mano, la sua voce si scandisce nel gran silenzio, chiara e solenne, attestando con giuramento di avere contemplato più volte lo Spirito Santo sotto forma di colomba posarsi sopra il capo del Pontefice Gregorio Magno e suggerirgli la divina sapienza da dove sono diffuse le sue opere. Appena terminata questa testimonianza, il suo volto impallidì mortalmente e accasciatosi improvvisamente su se stesso, morì. Storiografi del secolo VIII e IX, Paolo e Giovanni Diacono, ad esempio, narrano ampiamente di questo fatto prodigioso. Il popolo a quella vista restò come folgorato, poi, quasi delirante, conclamò la santità del Papa Gregorio e del Levita Pietro. Subito a lui fu tributato quel culto medesimo che era reso a San Gregorio Magno, non pochi miracoli furono operati per intercessione dell’uno e dell’altro. Uno scrittore biellese del 1867, Riccardi, afferma che, sin da quei primi tempi, il 30 aprile, anniversario della morte del Levita, divenne giorno a lui consacrato e che “ la pratica invalsa di dedicare un giorno alla sua memoria, perdurò nella romana liturgia molti secoli e conservossi lungamente anche dopo il trasporto delle sue reliquie da Roma a Salussola ”.
Il culto di questo Santo, sepolto presso la tomba di San Gregorio Magno, divulgatosi universalmente, si estese in modo particolare nella Diocesi di Vercelli, se verso la fine del secolo VII, le sue reliquie vennero trafugate da Roma, forse dalla famiglia Bugaro e da altri signori e trasportate a Vittimulo, dove fu eretta una chiesa. Le guerre dei secoli VIII e IX portano alla distruzione di Vittimulo e alle sue due chiese, quella di San Secondo e a quella del Beato Pietro, i resti del Santo Pietro furono dispersi tra le macerie. Nel secolo IX una gentildonna, discendente dei Bulgaro, ebbe in sogno, la rivelazione precisa della località in cui si trovavano i resti del Levita. La famiglia Bulgaro, trasportò a Vittimulo/Salussola i resti del corpo di Pietro, forse presso il proprio palazzo, perché solo nel 961 il Vescovo di Vercelli Ingone, dei marchesi d’Ivrea, gli dedicò la nuova chiesa in cui furono deposte le spoglie. La nuova chiesa, eretta in suo onore a Salussola, a mezza collina, fu data in consegna all’ordine benedettino dei padri Gerolamini e le spoglie esposte alla venerazione dei fedeli nella chiesa monastica, eretta e dedicata al Santo Pietro Levita. A testimonianza della primitiva chiesa di Vittimulo, sono rimaste due lapidi che risalgono ai secoli V – VI e servivano in origine da pietre sepolcrali a due cristiani, uno di nome Anastasio e l’altro Vitale, mentre la pietra sepolcrale di quest’ultimo servì poi da copertura al sepolcro del Santo Pietro Levita, quando fu trasportato da Vittimulo nella nuova chiesa e sepolto dietro l’altare. La prima purtroppo è andata smarrita, mentre la seconda di pietra bianca, si trova attualmente al Museo del Territorio di Biella. Non è quindi improbabile che con il corpo del Santo, abbiano raccolto tra le rovine di Vittimulo e trasportato a Salussola anche queste lapidi. Nella Visita Pastorale del 1619 la chiesa è così descritta: “ Si tiene con pochissima riverentia e senza luminarie… il pavimento è buono di sopra, la chiesa è voltata turra biancha… ha due porte una granda e una picola e si chiavano tutte e due; nell’intrare a detta chiesa a man dritta vi è un vaso di pietra p.l’aqua santa e nel coro vi è un confessionale picolino e la sua grata ”. Della chiesa, oggi scomparsa, rimangono solo alcuni muri inseriti nell’attuale costruzione, la cascina San Pietro, presso la Strada Statale 143 per Cavaglià. L’urna che racchiude le venerate ossa è stata trasportata nel 1782 dall’antica chiesa, nella cappella appositamente eretta nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta. Uno dei miracoli attribuiti al Santo Pietro Levita fu la salvezza della gente di Salussola durante la contesa che nel 1427 aveva opposto gli Sforza ai Savoia. Il paese era stato messo a ferro e a fuoco e le fiamme arrivavano fino all’altezza delle case, ma quando pareva che tutto il paese dovesse ridursi in cenere, per miracolo, le fiamme, per l’improvviso levarsi del vento, volsero verso il nemico costringendolo alla fuga e del fuoco non rimase alcun danno. Nella storia di Olcenengo, c’è un voto fatto al Santo Pietro Levita nel 1484, è per questo che ogni anno i pellegrini di Olcenengo si recano a Salussola per mantenere fede a questo voto. Il voto fu fatto durante una grande epidemia di peste e fu continuato senza interruzione. Anche durante la guerra del 1945, quando era pericoloso spostarsi, un gruppo di 16 pellegrini, sfidando il pericolo si recò a Salussola per mantenere fede al voto. Si narra di un miracolo compiuto a Olcenengo dal Santo Pietro; una bambina sordo-muta si era recata a pascolare le oche fuori del paese è qui che le appare il Santo e la guarisce. Dove avvenne il miracolo, la popolazione eresse una cappella. Nel 1782, il Senato del Regno di Piemonte e Sardegna, aveva ordinato a tutti i Comuni di dichiarare con atto pubblico quale fosse il santo protettore e il Consiglio della Comunità di Salussola, convocato il 19 aprile 1728, dichiarava essere la festa del Santo protettore del luogo la festa di San Pietro Levita, come è ancora ai nostri giorni.
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