Un salto indietro nel tempo di 1700 anni: i dettagli del prezioso ed oggetto trovato all’interno di un sarcofago in piombo
Alcune scoperte archeologiche sono destinate a far parlare tutto il mondo. Proprio come quella della quale vi andremo a parlare, riguardante un antichissimo cimelio venuto alla luce all’interno di un sarcofago in piombo pieno di terra. Proprio in mezzo al terriccio gli archeologi hanno notato qualcosa di ‘luminoso’ e davvero rarissimo da trovare, ma difficile da recuperare.
Arrivando ad annunciare di aver scoperto un reperto unico nel suo genere che oggi, dopo lunghi lavori di recupero e restauro, potrà finalmente essere ammirato da tutti. Infatti verrà esposto interamente, nell’ambito della rassegna Au fil de l’or, nel Musée du Quai Branly fino al 6 luglio 2025. Dopo una prima presentazione frammentaria al pubblico nella mostra Da un mondo all’altro, Augustodunum dall’Antichità al Medioevo. Scopriamo dunque di che cosa si tratta.
Quando il sarcofago è stato aperto gli esperti hanno notato delle linee intrecciate e luminose che ricordavano loro dei disegni. Sono stati dunque effettuati dei microscavi per trasferire tutta la terra in laboratorio e lì iniziare il lavoro di recupero. Il ritrovamento è avvenuto ad Autun, nel cuore della Francia in una delle tombe della necropoli paleocristiana di Saint-Pierre-l’Estrier; durante una campagna di scavi condotta, in collaborazione con il servizio archeologico della città di Autun, dall’Institut national de recherches archéologiques préventives.
Oltre 230 tombe appartenenti ad un’antica necropoli cristiana sono state esplorate scoprendo tra le altre cose spille in giaietto e ambra, gioielli in oro, un vaso diatrete. E, all’interno di una bara di piombo risalente al IV secolo, un manufatto di eccezionale bellezza ovvero un tessuto, probabilmente un mantello o una coperta, di colorazione violacea ed intessuto con fili d’oro. Ma non si tratta di un semplice tessuto bensì di uno tra i più grandi tessuti aurei ad oggi mai scoperti. Recuperarlo è stata una vera e propria impresa in quanto il manufatto era gravemente danneggiato a causa delle infiltrazioni all’interno della bara, tanto che ne restavano praticamente solo i fili d’oro.
Alcuni campioni avevano solo 100 fili per centimetro e scaglie d’oro della larghezza di 300 micron. Ma raccontano di un lussuoso tessuto realizzato con grande cura per i dettagli. Non erano però presenti, nella tombe, resti umani, degradati nel tempo o trasferiti in una chiesa. Resta dunque il mistero sull’appartenenza di tale tessuto. Successivi esami hanno confermato l’impiego dell’allora rara e costosa tinta del porpora associata all’alta aristocrazia e alla nobiltà in epoca romana. Utilizzando avanzate tecniche di conservazione gli esperti sono riusciti a recuperare molti dettagli a cominciare dai fili dorati realizzati avvolgendo attorno ad un’anima tessile lamelle d’oro.
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