I principi di ragionevolezza non sono stati lesi: la decisione della Cassazione sulle misure di raffreddamento delle pensioni
Bisogna fare un salto indietro al 2022 ed in particolare all’approvazione della Legge di Bilancio con le norme riguardanti l’anno successivo per trovarne una relativa alle misure introdotte per il ‘raffreddamento’ della rivalutazione automatica delle pensioni. Ma non di tutte ovvero solo di quelle superiori a quattro volte il minimo Inps. La questione ha generato molte domande e sollevato anche questioni di legittimità Costituzionale.
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Furono alcune sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti a sollevarle e oggi, a distanza di poco più di due anni, è arrivata una importante risposta in tal senso da parte della Corte Costituzionale. Ecco dunque che cosa ha dichiarato in merito a tali misure di raffreddamento e perché sono state considerate corrette senza dunque doverle rivedere.
Misure di raffreddamento della rivalutazione automatica, arriva la decisione della Cassazione
La Corte Costituzionale ha espresso la sua decisione con la sentenza numero 19 attraverso la quale ha dichiarato le questioni di legittimità costituzionale che alcune sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti hanno sollevato ‘non fondate’. Cosa significa? Che la Manovra 2022 non è andata a ledere “i principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza posti a garanzia dei trattamenti pensionistici”.
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Entrando nel merito, la Cassazione ha sottolineato che non può essere considerato irragionevole il meccanismo legislativo. Questo perché salvaguarda in maniera integrale le pensioni di importi più modesti. Per un periodo limitato di tempo, prosegue la Corte, riduce in maniera progressiva “la percentuale di indicizzazione di tutte le altre al crescere degli importi dei trattamenti”. Questo, si legge nella sentenza, “in ragione della maggiore resistenza delle pensioni più elevate rispetto agli effetti dell’inflazione”.
Ancora, la sentenza numero 19 indica che vi è coerenza tra le scelte del legislatore e le “finalità di politica economica, chiaramente emergenti dai lavori preparatori e legittimamente perseguite – prosegue la Cassazione – volte a contrastare anche gli effetti di una improvvisa spinta inflazionistica incidente soprattutto sulle classi sociali meno abbienti”. Infine la Corte segnala che il legislatore potrà tenere conto delle perdite subite dalle pensioni non rivalutate integralmente nell’eventualità di manovre economiche future riguardanti l’indicizzazione degli stessi trattamenti pensionistici. La questione del ‘raffreddamento’ è legata al tema della “perequazione automatica”, ovvero un periodico incremento dell’assegno collegato all’inflazione. Che ha come obiettivo l’andare a proteggere il potere di acquisto dei pensionati garantendo loro un adeguato tenore di vita nel corso del tempo.